Con l’apertura e la diffusione della subacquea, sono sempre più frequenti i casi in cui un subacqueo può imbattersi in un reperto archeologico. Come dobbiamo comportarci nel caso succeda proprio a noi?La prima regola dell’archeologia subacquea recita: “non toccare e non rimuovere nessun oggetto a meno che non si trovi in una situazione di immediato pericolo“. Questo metodo di approccio deriva dalla necessità di non compromettere le informazioni scientifiche che è possibile ottenere da un reperto archeologico.
Vi sognereste mai di manomettere una scena del crimine prima dell’arrivo di un detective o di mettere le mani su un paziente prima dell’intervento di un chirurgo? Nell’archeologia è la stessa cosa: in un certo modo il lavoro dell’archeologo può essere assimilato a quello di un detective o di un chirurgo. Il frammento di un’anfora, studiato nel giusto modo e messo in relazione con altri frammenti nelle vicinanze, magari scoperti da altri subacquei negli anni passati, può essere l’ultimo pezzo del puzzle da ricomporre per avere una traccia della direzione in cui una nave antica è naufragata, guidando così alla scoperta di un relitto. Non bisogna quindi mai sconvolgere il contesto del ritrovamento! Ricordiamo sempre che un reperto si è conservato nel luogo in cui lo abbiamo trovato per centinaia o migliaia di anni. Il lavoro che gli archeologi compiono, è un lavoro invasivo che distrugge in maniera definitiva e irreversibile il contesto in cui il reperto viene trovato. Da qui nasce l’esigenza di registrare ogni dato, così che le informazioni derivanti dal reperto, possano essere fruibili anche in futuro, come se fosse una fotografia scattata al momento del ritrovamento. Solo attraverso la pianificazione dell’intervento è possibile quindi attuare un recupero corretto con le giuste tecniche e modalità.
Allora cosa rimane da fare a noi subacquei che abbiamo la fortuna di imbatterci in un oggetto che supponiamo avere un interesse archeologico? Il nostro compito è quello di segnalare il ritrovamento ed è un compito che al giorno d’oggi ha un’importanza fondamentale nella ricostruzione del nostro patrimonio sommerso. Per farlo, dobbiamo seguire alcune semplici regole:
- prendere il punto: se possibile con GPS, fissando un pedagno e prendendo delle mire a terra;
- documentare il reperto: scattando delle fotografie dell’oggetto da vicino e altre più ampie che riprendano il contesto di ritrovamento e disegnando una bozza su una lavagnetta se a portata di mano;
- chiamare le forze dell’ordine: appena usciti dall’acqua o al massimo entro 24h dal ritrovamento;
A questo punto? A questo punto non ci resta altro che lasciare il reperto nelle mani di specialisti che opereranno con la massimo cura. Buona norma prevede che lo scopritore venga tenuto informato sulle sorti dell’oggetto. Non tutti sanno inoltre che dopo la segnalazione, è possibile chiedere un premio di rinvenimento non superiore a 1/4 del valore dell’oggetto stesso.
Un’ultima cosa infine: sensibilizzate le persone intorno a voi al rispetto del nostro patrimonio archeologico: raccontate della passione e dell’emozione di aver capito il senso di un oggetto e del suo contesto di ritrovamento. In questo modo aiuterete a diffondere cultura in un mondo migliore.
Published by